Bruxelles vuole limitare il potere dei colossi del web: missione possibile?

Bruxelles limita poteri colossi web

La rivoluzione è iniziata! Ecco cosa dice il nuovo regolamento europeo 1150 per tutelare i retailers che vendono sulle grandi piattaforme.


Ti è mai capitato di fare lo stesso tipo di ricerca su un grosso e-commerce in contemporanea da due dispositivi, o semplicemente da due diversi browser? Se lo fai, noterai che potrebbe accadere di visualizzare risultati differenti.

Ma perché questo accade? Il problema sta nel fatto che la maggior parte delle volte ciò non è giustificato e non è comprensibile nemmeno dal venditore di quell’articolo!

Le statistiche parlano chiaro: i prodotti che stanno in cima alla lista dei risultati di una ricerca sono quelli che poi vengono acquistati di più. È dimostrato che gli utenti passano più del 60% del tempo nella prima parte della pagina web visualizzata.

I numeri relativi alle vendite sono ancora più impressionanti: circa 1 persona su 4 acquista il primo prodotto della lista dei risultati della propria ricerca.

Ovviamente questo fa sì che i primi posti di questa classifica di ricerca siano molto ambiti e qui nasce il problema. Non sono mai stati ben chiari, né per te acquirente né per i rivenditori privati, i reali criteri sulla quale si basi il ranking dei prodotti sui grossi e-commerce.

Amazon, Alibaba, Ebay, AirBnB, Tripadvisor, Booking, Glovo e via dicendo non rendono abbastanza cristalline le modalità utilizzate per migliorare il proprio posizionamento all’interno della lista dei risultati di ricerca.

L’Unione Europea ha quindi deciso di prendere in mano la situazione, dopo le varie inchieste relative al fatto che questi colossi dello shopping online abbiano violato le norme sulla concorrenza leale.

Dopo varie indagini a riguardo, Bruxelles ha deciso di optare per un nuovo regolamento, il 1150 per l’appunto, emesso nel Giugno 2019. Da quel momento in poi, tutte le oltre 7000 piattaforme con marketplace europee hanno dovuto adeguarvisi.

Ma andiamo a vedere come si è giunti a tal punto.

Pare proprio che i big dell’e-commerce cerchino spesso di aggirare le regole (non è un segreto, ad esempio, che su Amazon si trovino prodotti illegali). È anche per questo che ti consigliamo fortemente di sostenere i piccoli e medi e-commerce piuttosto che comprare su queste grandi piattaforme. E naturalmente sostieni i negozi online presso cui acquisti scrivendo recensioni su eShoppingAdvisor.com!

I vantaggi sono anche tuoi: ad esempio, devi sapere che con le recensioni accumuli punti per sbloccare vantaggiosi coupon sconto. Leggi il seguente articolo per saperne di più: “Guadagnare” scrivendo recensioni: la rinascita dei coupon sconto nell’economia della web reputation.

Le nuove regole dell’Unione Europea per le piattaforme commerciali: le cause che hanno portato a questa decisione.

Unione Europea limitazione Amazon e colossi web

Le violazioni sulle norme della concorrenza leale fatte dai colossi del web sono ormai argomento in auge da vari anni. Il dubbio è sulla buona condotta dei grandi e-commerce, che fungono da intermediari per i venditori privati sulle proprie piattaforme.

In buona sostanza, non è chiaro quali siano i criteri per i quali un retailer possa migliorare la propria posizione nel ranking delle ricerche degli utenti come te. Questo fa pensare che questi e-commerce gestiscano la questione in maniera non concorrenziale.

Un esempio evidente è quello di Amazon: l’e-commerce statunitense offre la prima buy box (il riquadro dal quale si può iniziare la procedura di acquisto) in virtù di alcuni criteri:

  • Disponibilità immediata del prodotto
  • Prezzo competitivo
  • Spedizione gratuita
  • Amazon Prime
  • Efficienza del servizio clienti

Fin qui tutto bene, se non che Amazon stesso non specifichi quale peso abbia ognuno di questi elementi sul risultato finale. Ma non è finita qui, il peggio deve ancora venire.

È stato osservato che in alcuni casi la prima posizione della classifica di un prodotto identico, venduto da più retailers, tra cui Amazon, era occupata proprio dal prodotto venduto da Amazon, nonostante esso non fosse il primo per prezzo e spese di spedizione!

Questo dovrebbe farti capire la gravità della questione. Infatti le PMI (piccole e medie imprese) investono nel marketplace di Amazon molte risorse economiche e non possono permettersi di non vendere niente su questo portale.

I grossi e-commerce possono sopportare la “perdita” su alcune categorie di prodotto di basso margine ma i privati di piccola o media caratura no. L’unica opzione che rimane per avere un posto certo in paradiso è quella di pagare per avere i posti sponsorizzati in cima alle ricerche.

In questo caso la percentuale di vendite generata dalla sponsorizzazione varia dal 30% al 40% del totale e la la trattenuta del marketplace sulla singola vendita del retailer arriva anche al 5% del rapporto investimento-fatturato.

Per tutelare maggiormente i rivenditori privati nasce appunto il regolamento 1150 dell’Unione Europea. Andiamo ora a vedere come questo cercherà di intervenire all’interno dei meccanismi di cui abbiamo parlato sopra.

Questo non è l’unico modo in cui l’Unione Europea cerca di tutelare i consumatori online (e anche gli e-commerce). Per esempio, di recente è stata realizzata una piattaforma di confronto relativa alle spese di spedizione proposte dai vari Corrieri, vantaggiosa sia per i consumatori che per i negozi online. Leggi l’articolo Spese di spedizione? Confronta oltre 400 corrieri grazie al nuovo comparatore della Commissione europea per approfondire!

Nuovo regolamento 1150 dell’Unione Europea: ecco cosa dice.

L’intento di questo nuovo regolamento, entrato in vigore nel Giugno 2019, è quello di trovare il giusto compromesso tra la posizione dei grossi siti di shopping online e dei retailers che vendono al loro interno.

Per fare ciò, quello che si chiede (o meglio, si impone) a questi e-commerce per prima cosa è di elencare in modo chiaro e cristallino i criteri per migliorare la posizione nel ranking delle ricerche, specificando anche la questione della sponsorizzazione a pagamento delle inserzioni.

Oltretutto, i termini e le condizioni del servizio offerto ai privati dovranno essere completamente trasparenti. Condizione imprescindibile per i marketplace, è quella di comunicare ai retailers ogni modifica o variazione del servizio stesso con almeno 15 giorni di preavviso.

Amazon e colossi web con restrizioni

Nel caso di oscuramento di un profilo, la piattaforma è tenuta obbligatoriamente a comunicare in anticipo, per via scritta, le ragioni che portano la stessa a tale provvedimento. Oltre a questo, è facoltà del retailer contestare la causa e chiarire eventualmente le proprie ragioni.

Fondamentalmente, quello che viene chiesto alle piattaforme è di abbandonare ogni scelta arbitraria e di rientrare in uno schema generale che regolamenti ogni questione legata al rapporto di superiorità e concorrenza con i rivenditori privati che vendono nei loro marketplace.

L’ultima clausola per questi colossi del web, è quella del condividere con le imprese, entro il 2020, i dati degli utenti. Spesso, infatti, le imprese non hanno accesso a questo tipo di dettagli poiché le piattaforme si guardano bene dal condividerli con esse.

Spesso gli e-commerce monetizzano questo tipo di dati, ottenuti anche grazie alle vendite dei retailers, a loro insaputa. La posta in gioco è molto alta, soprattutto se pensi che lo shopping online ha mosso nel solo 2019 più di 620 miliardi di euro!

Conclusioni finali

Come avrai potuto notare, la questione è molto delicata e le cifre in ballo sono stellari. Proprio per questo motivo l’Unione Europea non si è potuta esimere dall’indagare sulle questioni di cui abbiamo parlato nelle righe precedenti e ha dovuto prendere provvedimenti.

Come dice Werner Stengg, a capo dell’unità e-commerce e piattaforme della Direzione Generale Connect della Commissione Europea, queste nuove misure non risolveranno il problema alla radice ma per lo meno posano il primo mattone per migliorare la situazione.

Per la prima volta infatti si lavorerà sulla trasparenza, un passo che nessun’altro prima aveva fatto. La speranza è che le piattaforme, sentendosi controllate (come mai prima era stato fatto) sposino una migliore condotta, al fine di evitare di sottostare ad ulteriori nuove regole.

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